Oggi voglio parlarvi di uno dei più
grandi compositori di haiku (俳句), una forma di poesia che ha fatto della
brevità la sua forza.
Bashō Matsuo
(松尾 芭蕉 ; Ueno, 1644 – Ōsaka, 28 novembre 1694) fu considerato il “sommo poeta”
giapponese. La sua vita, ricostruita grazie alle testimonianze dei suoi
discepoli, è intrisa di leggenda e ha numerosi punti di contatto con le nostre “Vite
dei Santi”.
Ispirata a principi di povertà
quasi “francescana”, la sua esistenza è caratterizzata dall’abbandono della
carriera di samurai in favore di una vita dedicata esclusivamente alla poesia e
alla contemplazione.
Nato a Ueno, si trasferì ben presto
ad Edo, venendo a contatto con i poeti
della scuola Danrin. Le sue abilità furono ben presto note in tutto il paese,
tanto che già nel 1677 fondò una sua scuola; in questo periodo assunse lo
pseudonimo di bashō (ispirandosi all’albero
di banano piantato nel suo giardino). Proprio in questi anni si avvicinò al
buddismo zen, che lo spinse a cercare una fonte di ispirazione più profonda che
culminerà nelle sue peregrinazioni seguite al vasto incendio che colpì Edo nel
1682, in cui venne distrutta anche la sua casa. Questo periodo di
vagabondaggio darà vita, nel 1689, all’Oku no hosomichi (La stretta strada per
Oku): un resoconto di viaggio con inserzioni di hokku (発句) una forma di poesia
molto simile alle “stanze di canzone” della nostra tradizione poetica. Proprio
durante questo periodo di solitudine e di ascesi, fu colpito da una febbre
letale che lo condusse alla morte. I suoi resti sono sepolti nelle vicinanze di
un tempio buddista vicino al lago di Biwa. Della sua opera ci restano sette
antologie (Shichibushu) che contengono anche versi dei suoi seguaci.
I temi preferiti dal poeta furono
sicuramente le stagioni, i fiori e il contatto con la natura che ispira
sentimenti e motivi affini all’animo umano.
Tra i suoi haiku più famosi
ricordiamo quello della rana (probabilmente il primo in ordine di composizione)
e quello dedicato al glicine capace di ristorare lo stanco viandante:
Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Rumore d'acqua.
(furu ike ya kawazu tobikomu mizu no oto)
Stanco:
entrando in una locanda
fiori di glicine.
(kutaburete yado karu koro ya fuji no hana)
E ancora:
Sera:
tra i fiori si spengonorintocchi di campana
(kane kiete hana no ka wa tsuku yube kana)
In mezzo al campo
il canto liberodell’allodola
(harakana ya mono ni mo tsukazu naku hibari)
Nessun commento:
Posta un commento